Science COnnection PROject - Dentro e oltre la scienza

Thu, 10/05/2018 - 11:11
di
Collettivo di Biologia Sapienza; Collettivo Fisica Sapienza - Aula Majorana Autogestita; Sharewood, l'Università è di tutti/e

*S.CO.PRO. Science Connection Project - Dentro ed oltre la Scienza.*
Quattro appuntamenti per discutere del rapporto tra scienza e società, politica, economia.
A cura di Collettivo di Biologia Sapienza, Collettivo Fisica Sapienza - Aula Majorana Autogestita Sharewood, l'Università è di tutti/e

Martedì 15 Maggio, ore 16.00 Aula Bovet (Aula A- Fisiologia Generale)
Crispr/cas9 - Etica e profitto, i limiti della scienza
Con:
Sergio Pimpinelli, professore emerito di Genetica, Sapienza
Andrea Capocci, dottore di ricerca in fisica teorica e giornalista scientifico, il Manifesto
Angela Simone, esperta di public managment e metodi partecipativi, deputy coordinator del progetto HORIZONT 2020- SMARTmap
A seguire aperitivo musicale

Mercoledì 23 Maggio, ore 16.00 Aula Montalenti (Genetica)
L’insostenibile leggerezza sul clima - Chi e perché nega il riscaldamento globale
Con:
Antonello Pasini, ricercatore del CNR e docente di fisica del clima a Rome Tre.
Marica Di Pierri, giornalista, responsabile dell'associazione A Sud
Giorgio Nebbia, dottore in Chimica, professore emerito presso l'Università di Bari, ex deputato, ex senatore.
A seguire aperitivo musicale con Nayabeat, human beatbox

Mercoledì 30 Maggio, ore 16.00 Aula Amaldi (Fisica)
Intelligenza artificiale e futuro del lavoro- Quali effetti sulle disuguaglianze sociali?
Con:
Stefano Giagu, ricercatore del dipartimento di Fisica, La Sapienza
Maurizio Franzini, professore del dipartimento di Economia, La Sapienza
A seguire aperitivo musicale con Le Foglie

Venerdì 1 Giugno, ore 16.30 Aula studio autogestita ShareWood, Communia (via dello Scalo San Lorenzo, 33)
Assemblea: Costruiamo un progetto editoriale sul rapporto tra scienza e società!
Ore 19:30: Spettacolo de La Scienza Coatta - PE DILLA TUTTA LIVE- Impara de prepotenza dai meglio geni da'a storia!
Ore 21: Cena
Ore 22: Serata Techno
• Dj Nervo •
187 klan
• Kal-El aka Giorgio Superman Berlin Invasion •
Berlin Invasion
• Mr.3P •
Truckstop76 Records
• Miss Loony •
Missanthropeak

Perchè SCience COnnection PROject?

Negli ultimi tempi la comunità scientifica ha dovuto affrontare delle situazioni a dir poco paradossali come il movimento no vax, il negazionismo di Trump sulla questione dei cambiamenti climatici e, per citare un caso puramente italiano, l’esperimento sox nei laboratori del Gran Sasso.
In un periodo storico ed in regioni dove l'istruzione di base è ai massimi livelli della storia dell'umanità appare incomprensibile come la comunità scientifica appaia completamente scissa dal resto della popolazione, tanto da portare a scontri e rifiuti dell'una da parte dell'altra. Appare evidente che manca una via di comunicazione efficace ed emerge come la comunità scientifica risulti - spesso vantandosi di esserlo - totalmente incomprensibile alla stragrande maggioranza della popolazione, elemento che si traduce in una aperta ostilità di molti nei confronti di tutto ciò che viene offerto come scientificamente valido. Il dato più inquietante è la mancanza di fiducia verso la scienza stessa: basta una minima scintilla, una ricerca che si rivela fallace, un effetto collaterale di una cura valida, ed un incendio divampa fra la gente, che si ritrova in un baleno a mettere in discussione l'intero mondo della ricerca, a rifiutare teorie e tecnologie profondamente consolidate.
La questione è forse ancora più profonda, e riguarda il mutuo interscambio che intercorre tra scienza e società: quali sono gli effetti che le scoperte hanno sulla società? Come quest'ultima reagisce di fronte alle novità, come inevitabilmente viene modificata nel profondo dalle scoperte stesse e come deve comportarsi per affrontare questi cambiamenti, anche sul piano etico e morale? Ma allo stesso tempo, quali sono gli stimoli "esterni" che muovono la scienza? Come il substrato culturale e gli interessi di uno od un altro gruppo sociale guidano la ricerca scientifica, decidendone le priorità ed influenzandone i risultati?

Insomma, la domanda riassuntiva che sorge spontanea di fronte a questo scenario è chiara: qual è e quale dovrebbe essere il rapporto fra scienza e società?
Nei nostri collettivi sparsi per i vari dipartimenti scientifici ci troviamo ogni giorno di più ad affrontare questo tema, con la convinzione che abbiamo il dovere di contribuire a dare una risposta non solo come cittadini consapevoli ma anche e soprattutto come futuri scienziati e scienziate.

Per questo i collettivi di scienze hanno creato Science COnnection PROject, il festival che tra conferenze, dibattiti, momenti musicali e ludici, si propone di ridiscutere con studenti e ricercatori delle facoltà scientifiche e non, i ruoli e le connessioni tra la scienza e la società.

Partiremo da tre temi di immediata attualità: inquinamento e cambiamenti climatici, l'innovativa tecnologia genetica Crisp/Cas9, l'espandersi della capacità e dell'utilizzo dell'intelligenza artificiale, con l’obiettivo finale di costruire un progetto editoriale sui temi del rapporto tra scienza e società a partire da un percorso di reale partecipazione e discussione che vada al di là della classica didattica frontale, delle angustie di una comunità scientifica che spesso diventa scientista e che ha difficoltà a cogliersi in relazione alla complessità della società contemporanea, preferendo arroccarsi su posizioni elitarie in nome del possesso del monopolio della “verità scientifica”.

Seguono brevi introduzioni alle iniziative

*Crispr/cas9 - Etica e profitto, i limiti della scienza*

Recentemente il mondo del genome editing, un insieme di tecniche che consente di introdurre, eliminare e alterare sequenze di DNA all’interno del genoma in una posizione specifica, è stato rivoluzionato e stravolto dalla tecnologia CRISPR non senza un fervente dibattito che ha acceso la comunità scientifica. Da decenni ormai vengono utilizzate e sempre più consolidate tecniche di ingegneria genetica soprattutto in ambito agroalimentare, ma dopo la scoperta del sistema crispr/cas9 il genome editing si è aperto a un utilizzo agevolato e più preciso su cellule animali, sollevando inevitabilmente problematiche legate a questioni brevettuali ed etiche. La tecnica crispr/cas9 consiste in un macchinario molecolare che utilizza piccole molecole di RNA come sonda per riconoscere specifiche sequenze di DNA su cui condurre una nucleasi, ovvero un enzima in grado di tagliare il DNA che può essere utilizzata per introdurre cambiamenti stabili nei genomi e attivare o silenziare l’espressione di un gene di interesse.
La scoperta di questo nuovo sistema ha generato molto entusiasmo nella comunità scientifica in quanto è più veloce, accurato, economico ed efficiente rispetto alle tecniche di genome editing finora note. Risulta subito evidente la molteplicità di applicazioni a cui ha aperto la strada: in ambito agroalimentare potrebbe rappresentare un punto di svolta che sostituirebbe e migliorerebbe le attuali tecniche biotecnologiche di modificazione genetica; in ambito medico e terapeutico potrebbe rivoluzionare le modalità di trattamento delle malattie genetiche. Al contrario della maggior parte dei farmaci attualmente utilizzati, che agiscono sui sintomi della malattia, l’utilizzo terapeutico di Crispr consentirebbe il loro trattamento direttamente a livello della mutazione genetica che le causa. L’utilizzo terapeutico di questa tecnica sulle cellule somatiche di un individuo sembra avere l’ampio consenso delle istituzioni e già dal 2016 sono stati avviati i primi trial clinici per testare l’efficacia del trattamento con Crispr di diverse tipologie di cancro. Se si pensa però all’utilizzo di Crispr sulle cellule della linea germinale (gameti) o su embrioni umani, sorgono inevitabilmente delle problematiche etiche legate alla trasmissibilità della modificazione alle generazioni future e all’ancora elevato rischio di introdurre modificazioni indesiderate che possono indurre e trasmettere gravi patologie. Su questo punto le posizioni dei protagonisti della comunità scientifica e dell’opinione pubblica, inizialmente molto dure, sembrano esser passate da un rigidissimo “no” a un “forse” tendente al “sì”: nonostante il dibattito sia ancora molto acceso, la linea di pensiero che sembra raccogliere maggiori consensi si esprime favore all’utilizzo di Crispr/Cas9 su cellule germinali e embrioni umani al solo scopo di ricerca e fortemente sfavorevole al loro utilizzo per la fecondazione (nel caso dei gameti) e per l’impianto (nel caso degli embrioni). Quindi, la maggior parte dei laboratori che svolgono ricerca nel campo stanno operando secondo queste “direttive” che allo stato attuale delle cose risultano come una sorta di legge non scritta. In Italia, in realtà, il problema sussiste solo in linea teorica in quanto la legge 40, tra le altre cose, impedisce la produzione di embrioni a fini non procreativi e l’utilizzo degli embrioni che sono in sovrannumero rispetto a quelli utilizzati per l’impianto in utero limitando di fatto la ricerca.
Tanto grande è la scoperta scientifica quanto il profitto che se ne può ricavare, per questo intorno ai brevetti CRISPR sono sorte battaglie legali mondiali. I maggiori contendenti sono i pionieri della ricerca crisp/cas9 Jennifer Doudna ( University of California) e Emmanuelle Charpentier da un lato, e Feng Zhang ( Broa istitute of Mit ) e George Church ( Harvad and Mit) dall’altro. Dopo la scoperta questi ricercatori sono diventati anche fondatori di aziende farmaceutiche come Intellia, Editas e crispr therapeutics che sono quotate in borsa e acquisiscono centinaia di milioni di dollari di investimenti privati. Tale fatto è esplicativo della situazione che vive oggi la scienza, non più libera, ma guidata e schiacciata dal profitto; le università sono spinte a collaborare ed ad unirsi a imprese ed enti privati orientando la propria ricerca scientifica a scopi commerciali compromettendo il ruolo fondamentale della diffusione dei saperi e delle finalità pubbliche e sociali della ricerca. La politica dei brevetti crea monopoli e rende riservate conoscenze scientifiche in base al loro valore economico, decidendo, in questo caso, le sorti di una scoperta che rivoluzionerà la vita umana e che dovrebbe considerarsi “bene pubblico”.

*L’insostenibile leggerezza sul clima - Chi e perché nega il riscaldamento globale*

“ Il nostro pianeta si sta congelando , temperature basse da record, con i nostri scienziati del riscaldamento globale intrappolati nel ghiaccio”. Così ironizza Donald Trump dopo l’uscita degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi, redatti durate la COP21, la 21-esima Conferenza delle Parti.
Al termine della conferenza gli stati membri hanno concordato la riduzione della produzione di diossido di carbonio e in generale di gas serra, allo scopo di mantenere il riscaldamento globale “ben al di sotto di 2 ℃” ; l’accordo diventa vincolante nel momento in cui viene ratificato da 55 dei 196 paesi partecipanti che da soli producono almeno il 55% delle emissioni di gas serra
Nonostante l’ accordo sia stato ratificato 4 Novembre 2016, la messa in vigore e l’entità dei provvedimenti da prendere non hanno né un limite temporale né scadenze fisse, anzi devono essere attuati solo “il più presto possibile”, inoltre l’entità della riduzione di emissioni è a discrezione del paese in questione.
Se tutti questi obbiettivi non dovessero essere raggiunti la lista dei paesi inadempienti sarà spinta ad attuare il piano sul clima secondo il sistema “name and shame”; ovvero per chi non dovesse rispettarlo non è prevista nessun tipo di sanzione, ma una semplice e calda campagna di incoraggiamento ad attuarlo.
Nonostante la leggerezza con cui viene presa in considerazione e affrontata questa problematica da tutti i paesi costituenti la COP, dall’ opinione pubblica e in primis dall’ attuale presidente degli Stati Uniti, il riscaldamento globale esiste, e dobbiamo ricercare le sue cause nell’attività antropica ed in particolare nel nostro modello di sviloppo vorace che non si pone limiti se non quelli dettati dal mero profitto.
A partire dagli anni ’50 del secolo scorso la CO2 in atmosfera è aumentata esponenzialmente, causando un innalzamento delle temperature, eventi climatici estremi e catastrofi ambientali. L’innalzamento del livello del mare e la conseguente inondazione di alcune zone abitabili, la desertificazione di aree da sempre destinate all’ agricoltura, sono fattori scatenanti delle così dette migrazioni forzate che negli ultimi anni hanno generato 65 milioni di profughi che nei prossimi anni, stando alle previsioni, potrebbero arrivare fino ad un miliardo.
Nonostante la gran parte della comunità scientifica ritenga la situazione al limite dell’irreversibile, gli stati non stanno prendendo le giuste precauzioni. Incertezze scientifiche o sicurezze economiche?
L’attuale presidente americano, che dell’econegazionismo ha fatto un punto centrale della sua politica economica, ha riscosso particolare successo tra i maggiori azionisti in campo energetico, come Scott Pruitt e Rex Tillerson, amministratore delegato dell’ExxonMobile. Pruitt, fervente sostenitore del negazionismo climatico, strettamente legato all’industria petrolifera è stato nominato da Trump capo dell’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA).
Tillerson ha finanziato e diffuso studi scientifici falsi sul clima, nonostante le ricerche condotte dagli stessi scienziati dell’EPA affermino che il cambiamento climatico è una realtà ed è strettamente connesso alle attività produttive umane e primo fra queste il modello energetico.
Personaggi come Pruitt e Tillerson e lo stesso Trump che su questo modello hanno costruito colossi economici non vogliono assolutamente abbandonare la loro fonte di profitti, ma cercano in tutti i modi strategie per poterli massimizzare in vista della crisi a cui stiamo andando in contro, un esempio è quello del Exxonmobile. L’ amministratore delegato Tillerson, mentre diffondeva disinformazione sulla questione climatica traeva profitti dalla stessa crisi su cui gettava dubbi; riprogettando in previsione della crescita del livello delle acque e dello scioglimento del artico un gasdotto nel mare del Nord e varie piattaforme petrolifere.
In fine nel 2012 Tillerson ammette pubblicamente che il riscaldamento globale esiste ma che non sta all’uomo fermarlo, bensì adattarsi ad esso.
Dato questo quadro disastroso, i dati sono ancora più allarmanti: dal 1998 ad oggi il riscaldamento globale è diventato due volte più veloce di quanto si aspettassero gli scienziati; e nonostante questo le politiche ambientali continuano ad essere insostenibili e insufficienti.
Da un lato ci sono i negazionisti di Trump, dall’altro una comunità scientifica già ampiamente screditata dallo stesso Presidente e dai suoi ambienti, incapace di esercitare la giusta pressione sulla politica e di trovare alleanze nella società al fine di ottenere qui ed ora un cambiamento di rotta. Questo problema è legato anche al fatto che il cambiamento climatico è un fenomeno che può essere percepito come lento nel tempo e lontano nello spazio; solo oggi infatti percepiamo gli effetti del riscaldamento dei decenni scorsi. L’impatto devastante è anche quello dati diffusi ogni giorno, che sono o troppo difficili da comprendere (2 gradi di aumento di temperatura non sono in fondo un’enormità, nella percezione comune) o talmente grandi da risultare parossistici (1 miliardo di migranti per cause climatiche).
E’ dunque fondamentale affrontare il problema proprio a partire dalla relazione tra la comunità scientifica ed i dati che produce da un lato, e la società con i suoi diversi interessi dall’altro. Com’è possibile che Trump e la sua cricca riescano a spazzare via decenni di consolidate ricerche? Se la “verità scientifica” ci parla di una catastrofe imminente, per quale ragione gli accordi internazionali continuano ad essere inadeguati e difficilmente rispettati? In che misura la produzione di ricerca sul clima può connettersi con i movimenti ambientalisti?

*Intelligenza artificiale e futuro del lavoro- Quali effetti sulle disuguaglianze sociali?*

Un paio di mesi fa Google ha annunciato AutoML, un’intelligenza artificiale in grado di progettare altre intelligenze artificiali. Notizie come questa, unite al fatto che l’IA è già applicata nei campi più disparati, fanno supporre che a breve questa diventerà sostitutiva dell’uomo nella maggioranza dei lavori, dal più semplice e meccanico al più complesso e creativo. Sono già disponibili Robot scrittori, contadini, politici, giornalisti digitali, autisti e molto altro.
Questo fenomeno di introduzione massiccia dell’Intelligenza Artificiale nel mondo lavorativo potrebbe avere ripercussioni profonde e difficilmente immaginabili sulla società, prima tra tutte l’esclusione di varie figure professionali dal mercato del lavoro.
È interessante osservare come queste innovazioni si inseriscono in un contesto in cui le condizioni lavorative stanno già sensibilmente cambiando: precariato in aumento, diminuzione delle garanzie, diffusione della gig economy (i cosidetti lavoretti).
Connessa in modo sottile a questi fenomeni è l’affermazione di piattaforme, come Uber e Foodora, che, come evidenziato dalla recente sentenza su foodora del Tribunale del lavoro di Torino, stanno creando nuove forme di sfruttamento, mettendo in discussione lo stesso concetto di lavoro dipendente e tutte le tutele che sono ad esso connesse, in un evidente vuoto legislativo.
In questo quadro è il caso di aggiungere un altro elemento, a dir poco preoccupante: il controllo a distanza dei lavoratori. Dai braccialetti di Amazon, recentemente utilizzati anche da una compagnia di pulizie a Livorno, al controllo che Foodora esercita sui telefoni dei dipendenti tramite l’app, passando per il Jobs Act, che permette la sorveglianza di telefoni e tablet aziendali, è chiaro che il controllo a distanza dei lavoratori viene sempre meno osteggiato dalla legislazione e sempre più utilizzato dalle aziende.
Fa particolarmente specie osservare che proprio le aziende più tecnologiche e all’avanguardia, che quindi avranno, o hanno già, un ruolo importante nello sviluppo e nell’affermazione dell’Intelligenza Artificiale, sono quelle che hanno meno rispetto per i diritti dei lavoratori, prima tra tutte Amazon.
Ci si chiede dunque quale futuro a breve e lungo termine ci si prospetta, se la società e le istituzioni occidentali saranno in grado di dare una risposta a dei radicali cambiamenti nell’assetto del mondo del lavoro.
Certamente è fondamentale che nella società civile ci sia un dibattito fertile su questi temi in modo che le scelte a riguardo siano quanto più possibile democratiche e volte al benessere generale della società.

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