Messico: perché gli studenti sono in lotta?

Mon, 10/09/2018 - 15:11
di
Vania Alquicira (Giovani della Coordinadora Socialista Revolucionaria)

Il 27 agosto 2018, la comunità studentesca del campus del Collegio de Ciencias y Humanidades (CCH) di Azcapotzalco – uno dei 15 programmi di bachillerato (ndr. corso di 3 anni, preparatorio ai veri e propri studi universitari) dell'UNAM (Universidad Nacional Autonoma de Mexico) – ha deciso attraverso un'assemblea di occupare le strutture e iniziare uno sciopero; una decisione conseguente a di vari problemi, tra cui spiccano la mancanza di professori, gli attacchi impuniti da parte dei gruppi squadristi e le decisioni autoritarie prese dalla direzione scolastica.

Giorni dopo, il 2 settembre, nello Stato del Messico è stato rinvenuto il corpo bruciato di Marcia Miranda, studentessa del CCH Oriente; questa notizia ha avuto un grande impatto dal momento che in Messico ogni giorno vengono uccise sette donne e che la condizione di essere una giovane donna aumenta esponenzialmente la possibilità di essere vittima di femminicidio. Nonostante un evento così scioccante, l'università non ha detto nulla al riguardo.

Ecco perché, davanti alla notizia terribile del femminicidio di Marcia, il 3 settembre è stata indetta una manifestazione, che si è conclusa nell'edificio del rettorato dell'UNAM, nella città universitaria (CU). A questa azione erano presenti membri della famiglia di Marcia, ma anche i parenti delle vittime di altri femminicidi, come la madre di Lesvy Berlin (vittima di un femminicidio avvenuto all'interno delle stesse strutture della CU), o i familiari di Mariela Vanessa, studentessa di lingua e letteratura ispanica scomparsa dall'aprile 2018. Inoltre, questa manifestazione è servita anche a portare avanti e dare visibilità alle rivendicazioni degli studenti del CCH Azcapotzalco.

Mentre si stava svolgendo la manifestazione, ancora una volta un gruppo di circa 50 squadristi ha fatto irruzione con bastoni, tubi, bombe molotov e pietre contro i presenti. La manifestazione si è sciolta, nel tentativo di mettere in salvo le madri delle vittime, ma anche di salvaguardare l'integrità fisica di tutti/e i/le presenti, e tuttavia gli squadristi hanno compiuto la loro missione: quella di interrompere la manifestazione, grazie all'uso della violenza estrema. Ci sono stati diversi studenti feriti di cui due ricoverati in ospedale, uno dei quali ha perso parte dell'orecchio ed è stato accoltellato a un rene.

È importante dire che i gruppi squadristi sono gruppi finalizzati allo scontro, formati principalmente dagli stessi studenti delle università, ma guidati da persone al di fuori delle scuole; di solito c'è un gruppo squadrista in ogni scuola o campus. Questi gruppi di scontro sono usati dai direttivi delle istituzioni e dalle figure politiche dei partiti del regime per intimidire gli studenti organizzati per cause sociali. Questi stessi gruppi sono organizzati fin dagli anni '70 per gli stessi scopi e vantano un enorme elenco di vittime, soprattutto studenti feriti e morti.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso

L'attacco alla manifestazione il 3 settembre è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’insoddisfazione di una comunità universitaria nella quale insicurezza, violenza di genere, impunità, criminalizzazione del consumo di droga e mancanza di finanziamenti sono solo alcuni dei punti che spiccano tra le richieste degli studenti che sono discussi attualmente nelle assemblee.

Il malcontento della comunità universitaria si è reso visibile attraverso assemblee a cui hanno partecipato migliaia di studenti, dalle quali è partito il blocco di 41 scuole dell’università UNAM e di altre ancora in solidarietà con le rivendicazioni portate avanti, come ad esempio nell’IPN (Instituto Politécnico Nacional), e nell'UPN (Univesidad Pedagógica Nacional), nonché in università di altre regioni del Paese.

La prima chiamata pubblica è stata il 5 settembre, con una manifestazione all'interno della città universitaria. Questa impressionante marcia ha percorso gran parte delle strutture e si è conclusa al Rettorato, lo stesso luogo in cui aveva avuto luogo l'attacco del 3, ma questa volta c'erano migliaia di persone (si parla di più di 30mila tra studenti, accademici e lavoratori) a lasciare un messaggio chiaro: la comunità universitaria non permetterà più violenze contro i suoi studenti.

Nel nuovo panorama politico messicano, in cui ampi settori della popolazione mettono in dubbio i pilastri delle politiche neoliberiste applicate negli ultimi 40 anni, questa mobilitazione studentesca rinvigorisce la lotta contro un regime corrotto e moribondo e avverte il nuovo governo in arrivo che le nuove generazioni continueranno a scendere nelle strade strade per conquistare diritti e cambiare davvero il Paese.

Nei prossimi giorni, in ogni istituto scolastico di daranno delle assemblee per decidere le rivendicazioni che il movimento nel suo complesso assumerà, per poter continuare la lotta nella forma più adatta ad esigerne l'adempimento; per il momento è esplosa la rabbia della gioventù universitaria, che ha alle sue spalle le esperienze di #YoSoy132, della lotta per l'apparizione in vita dei 43 studenti di Ayotzinapa e la lotta per l'istruzione pubblica. I venti del cambiamento sono sostenuti da una nuova generazione di studenti universitari che vogliono ricostruire un Paese profondamente ferito dalla violenza, dall'impunità e dalle politiche neoliberiste.

Traduzione testo originale a cura di Marta Autore.